Esiste un rapporto tra medicina e lettura? Già nell’antica Grecia si pensava che la lettura potesse avere effetti lenitivi e benefici sulla mente e sul corpo degli esseri umani.
Esiste una tecnica, o disciplina, che si occupa di trattare alcuni problemi (legati soprattutto alla sfera psicologica) tramite la lettura e la condivisione di quest’esperienza, ed è la libroterapia.
Le origini della Libroterapia
Come accennato nelle righe precedenti, la convinzione che la lettura e la condivisione aiutino e rafforzino il processo di “guarigione psicologica”, ha radici ormai secolari. Convinzione, che si è consolidata nel corso dei secoli. Nel 1937, il Dottor W.C. Menninger utilizzò questa pratica con alcuni dei suoi pazienti. Visti gli ottimi risultati, inserì la libroterapia nei suoi trattati di psichiatria.
Ma è negli ultimi decenni che questa metodologia ha trovato la sua massima espressione, consolidandosi come una delle pratiche più utilizzate.
Come funziona la Libroterapia
In ambito terapeutico, il libro ha il ruolo di “luogo condiviso” tra paziente e medico: il libro viene letto fuori dallo studio del terapeuta, ma non fuori dal contesto terapeutico. In poche parole il libro viene letto altrove, in un altro luogo, ma resta al centro del discorso della terapia.
A cosa serve questo processo?
Serve a passare dall’esperienza individuale del paziente (quindi al racconto delle proprie problematiche), al racconto di un’esperienza (che è quella della lettura di un testo). In questo modo il medico potrà analizzare una serie di processi, siti, in diverse dimensioni e sfere della mente umana, come i processi cognitivi ed emotivi che la lettura comporta.
La scelta dei testi per la Libroterapia
Non esistono particolari restrizioni nella scelta dei libri per questo metodo, in realtà non ne esistono affatto!
Nessun libro, secondo chi mette in pratica questa tecnica (ma anche in generale), ha effetti collaterali o negativi. Il medico sceglie in base ai trascorsi e alla storia del proprio paziente.